segui i miei passi

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mercoledì 20 giugno 2012

ETERNO PLENILUNIO FEMMININO


Cristopher Pew


Coreografie d'alter ego popolano l'antro configurato dalla convergenza dei poli nordici e quelli sudici.
Mantra placebo quieta l'imbroglio di vele annodate da venti che percossero vascelli fantasma, inabissando il pesante destino della memoria, ingoiata e accecata dal melmoso buio di tunnel onirico:
Intercettata,invidiata da eco(ego)goniometro ad impulsi ultrasonanti che riemergere fanno l'impudica e sadica, vibrante d'euforica eccitazione, vivace femmina tonda di lune piene.
Corpi, insieme di ventri e seni, acquitrini di ninfee e bambù erti si stagliano su per il paesaggio che fluttua in danze a ritmo sinusale ma capaci di riflettersi in quegli specchi appesi su pareti mnemoniche, allora si erge metallica e duttile la goccia di mercurio, culminata nel principio deflorante l'ampolla del desiderio catalizzatore per quell'eterno plenilunio femminino e licantropia.
Misura e disparità chi ha puntato sul rosso ha aperto le gambe, segnale per l'Adamo estraniato dalla colpa d'essere lui il baro e degli umori liquidi e caldi, pietanze servite a banchettare amplesso.
Conquistata la terra si onora il sacro scroto alla profana dipendenza  e d'onnipotenza divina. Non di maree lunari il mascolino accoglie a se il fato, scritto per lui e sottomesso, ma l'assonanza fallace risponde con la rima baciata che lambisce e circuisce inesorabile e lenta su per il sesso.
Micol










martedì 22 maggio 2012

SEI TUTTE LE MIE MUSE




Sei tutte le mie muse, il canto, la poesia, la musica, l'elegìa. Così io t'amo da lontano, nascosta tra le pieghe di un drappo rosso consunto dal tempo ma vigoroso e resistente quanto la passione che il ventre concupiscente smania ancora a pensarti carnale e bramoso per quegli antri del tuo sotterraneo mondo di sensi sui quali ti avventuri.


Pallida ed invisibile, un fantasma impercettibile, io femmina e mai donna vissuta a un palmo e mai toccata, quella di un passato secolare imperfetto e mai assolto, arrivo scalza sopra quel tuo sonno da fanciullo a sfiorarti con nuvole di fiato, attenta a non svegliarti dalla convinzione tua d'avermi dimenticato.

Bianca la mia pelle mondata dalle impronte digitali, quella stessa che per te portavo alla bocca per sfamarti ed oggi t'amo posseduta ancora dai tuoi occhi profondi che m'hanno ingoiata ed innamorata del tuo vigore roseo ed acre e se tu hai chiuso il mio cuore fuori dal tuo al contrario io ti ho chiuso dentro il mio, alzando paraventi setosi ornati di rimpianto perchè tu non veda gli stenti e l'oblio dei sensi che t'amano imprigionati sulla tue labbra piene e silenti.

Micol





painting author Lui Liu
ringraziamenti:http://ggalleryslo.blogspot.it/2012/05/lui-liu.html


domenica 13 maggio 2012

A MIA MADRE







Vorrei farti un dono e sto cercando di riordinare le idee.
Non me la sento di uscire per comprarti un fiore: sono apatica!
Mà da un pò va così e tu lo vedi e ascolti il mio silenzio.
Ogni festa per me è un dolore, mammina verrò da te a darti 
un bacio a dirti quanto sei bella, a stringerti al mio petto.
Mamma sei tu il dono più bello e io chiusa nel mio mondo
fatto di specchi infranti non faccio nulla per
valorizzare questa fortuna.
Perdonami!
con infinito amore
Tua figlia






ringraziamenti:http://ggalleryslo.blogspot.it/2012/05/francine-de-van-hove.html





sabato 28 aprile 2012

NUDA


Andrei Belichenko


Quanti tabù imposti hanno chiuso questo corpo che precoce divenne ingombrante all'occhio giudicante degli adulti. Il seno si mostrò in fretta mio avversario, non sapevo ancora che farmene di tanta generosità che mi condannò all'attenzione e sguardi lascivi appena di maggio fui baciata dal risveglio della primavera della mia tenera fertilità.

Non so precisamente se fui consapevole del cambiamento sotto gli sguardi che probabilmente già da tempo mi osservavano, ma qualcosa avvenne perchè improvvisamente cominciai a sentire quelle carezze platoniche insistermi l'errore ed il disgusto più che il piacere.

Le donne di casa, quelle adulte, presero la responsabilità di educare questo corpo e questa testa alla scongiura che il peccato mi sfiorasse con le sue luride mani e facesse a brandelli con artigli adunchi il lavoro di anni di castità e rigore morale.
Ma la molestia a loro insaputa era riuscita ad eludere la sorveglianza e mi aveva già abitata anni prima del primo sangue, quando ancora i calzettoni di cotone bianco erano forati di un pizzo così ingenuo sotto il ginocchio sbucciato dalle cadute per gl'infantili giochi da illudere che il candore non avesse neppure una piccola macchia. 
Chi lo fece non parlerà più, mai più, portandosi via il segreto e la colpa che lo condannò.
Questo corpo assunse molte forme nel tempo e il mio ventre ingravidato diete nido e vita, questo corpo che mi guidò al parto con serenità e attestata gioia e non conobbe il dolore se non come passaggio dovuto ai figli che avrebbero succhiato dal mio seno stille liquide mia linfa per la loro cura.
Nuda. 
Il mio corpo ha vissuto come un partigiano che non sapeva che la guerra fosse finita. Nonostante le conquistate libertà femminili vissi gli strascichi di un'epoca ambigua dove sacro e profano lottavano in parità tra le cosce aperte di minorenni che volevano liberarsi della tanto idolatrata verginità.
Quanto bigottismo malsano invece serpeggiava fra le pareti di una casa di amore falso, dove tutto allora appariva così giusto e benedetto dal Cielo. Persino le lenzuola erano di rigoroso lino bianco inamidato a richiamare sempre purezza e castità anche dopo che quelle donne avevano indossato abiti da sposa rigorosamente bianchi che più bianco non si può.
Il mantra obbligato dal coro di voci avrebbe voluto il potere dell'incantatore di serpenti:
Siediti composta, broccia conserte sopra il seno (a nasconderlo) non accavallare le gambe, dritta la schiena, sguardo basso e taci... donna devi imparare a tacere se vorrai un uomo da sposare.
Donne che non hanno conosciuto l'audacia nè la passione, sterili nell'affetto... ed io ho perduto non riuscendo a liberarmi delle loro litanie, dei vestiti chiusi perchè la gola s'infiamma e non ho forse mai compreso il doppio senso di quella frase, il lapsus freudiano di quelle donne morbose.
Nuda è vergogna.
Io sarei voluta apparire a quegli occhi di donne stanche e frustrate, dalla sessualità problematica, dalla fobia di uomini in carne ed ossa che sbavavano carne come cani rabbiosi.
Ho forse bisogno di andare in analisi per comprendere la mia pudica necessità ancora oggi in quest'età oramai detta matura, di nascondere il mio corpo... di donarlo solo in presenza di perduto amore?
... e quanto miracoloso è il significato per me d'amor platonico che non chiede di denudare il mio corpo ma solo la mia anima?
Nuda: il mio corpo mi ha chiamato tante volte e troppe volte ho fatto finta di non sentirlo, vinta da complessi e paure di non essere all'altezza, di non avere il corpo statuario, una bellezza ardita.
Svestita mi sono sentita nuda, nuda della sicurezza che ti danno i vestiti che nascondono difetti e imbarazzi, ho ancora oggi una timidezza adolescenziale, chiudo sempre gli occhi quando vengo baciata, trattengo sempre il respiro quando il mio seno viene accarezzato.



painting: Andrei Belichenko



giovedì 19 aprile 2012

DELIRIUM

Gregory Thielker - Vortex  2008  oil on canvas

Ho una spregiudicata tentazione verso l'acqua.
Liquido ambiguo nell'innocenza della purezza avversa alla forza della devastazione.
Specchio distorto d'immagine capace di capovolgere la visione del mondo e non ho memoria della mia vita intrauterina ma ho un sapore di sangue, liquido così diverso, corposo e denso, vitale scarlatto, metamorfico.


Mic






ringraziamenti: http://www.gregorythielker.com/index.html


n.d.author (me)
http://gabrielmorenoillustrating.blogspot.it/
http://artrageitalia.forumfree.it/

venerdì 13 aprile 2012

CONFONDO I BATTITI DEL MIO CUORE CON I TUOI PASSI INESISTENTI




                              Ho avuto giorni pieni. La testa occupata così come le gambe.
                              Sono stati giorni buoni di cose che ho atteso e sono arrivate.
                              Ho una stanchezza buona di cose che hanno soddisfatto.
                              Parecchio è ritornato al suo posto dopo un lungo periodo
                              di stasi, con l'orecchio atteso se riuscivo a sentire provenire
                              da lontano il rumore delle cose che s'avvicinavano.
La mia vita è attesa. Alle volte un'attesa buona di quelle che
si è comprensivi se il tempo s'allunga perchè è certo che
arriva presto o tardi e comunque quando è sotto i tuoi occhi
hai già dimenticato d'aver trascorso giorni silenziosi e guardinghi
sulla pazienza. Una pazienza affettuosa che ti dice di calmare
la fretta che il pensiero corre sul possesso che si arriva ad essere
soddisfatti.             Ma c'è una pazienza morbosa che si è convinta che
                                l'attesa per una certa qual cosa sarà lunga; molto lunga.
                                Quell'attesa diventa ossessiva... nulla di buono. Lo capisco da come
                                mi bruciano gli occhi quando penso a quel qualcosa che non arriva.
Ho trascorso più di mille giorni, che dico ancora qualche centinaio
in più di mille ad aspettare e ho visto lune in tutte le loro fasi, stagioni
spogliarsi e vestirsi dei propri colori, ho atteso succhiando dita e
morsicandone le unghie. Ho trascorso giorni pensando che domani,
si forse domani, sarebbe arrivato a compiersi il sospirato desiderio.
Ho vissuto giorni pieni di niente e vuoti di tutto, piangendo, ridendo
di me, della pazza che sono. Tendo ogni giorno l'orecchio per sentire
se da lontano proviene il rumore di passi che s'avvicinano.
Certi giorni echeggiano sul mio cuore e li confondo con i battiti ed esulto
nell'idea che l'attesa sia finita.
                                 Sono stati giorni pieni, la mia testa è stata occupata dal fare e dal dire,
                                 guido la mia nuova macchina appena un pò incerta, alle cose ci si deve
                                 fare l'abitudine. Provo a venire verso di te, voglio prenderti per portarti
                                 ad ammirare tramonti che fino ad oggi ho visto da sola e magari portarti
                                 nella notte sotto un cielo stellato e rimanere lì con la faccia beota di chi
                                 guarda i propri sogni riflessi sulle lune che influiscono sulle maree.
Vorrei che quest'attesa fosse nuova priva d'abitudine allo sconforto
che quando arriva sera io ti attendo ancora. 


Micol








ringraziamenti:http://ggalleryslo.blogspot.it/2012/03/gale-antokal.html

venerdì 6 aprile 2012

CIO' CHE TI RIMANE DI ME




Sono stata concepita in questo silenzio, piccolo essere da incubare in amniotico liquido sostanza d'inoculata noncuranza.

Ho letto che la forma di disprezzo più alta è quella dimostrata con l'indifferenza.


Allora è questo, mi hai disprezzato fino a sciogliermi nell'acido della dimenticanza.
Allora è questo che è accaduto mentre il mio amore sta lì fermo all'apice delle correnti ascensionali a chiedere passaggio agli aquiloni per attraversare il cielo sopra la tua testa, tu... tu.. . hai smesso di crederci e non hai più guardato alle cose più in alto.
Sapessi la mia anima in quanti sonni caduchi e repentini cade ed il risveglio appena dopo mi lascia frastornata.Non conosco stanchezza - alle volte la stanchezza è un lusso che non posso concedermi.
Basta poco per ritornare in veglia. 
Ho il sonno dei custodi di notte, un minuto basta pur di non levare la preoccupazione e attenzione sull'imponente, preziosa, opera d'arte che mi sovrasta e angoscia.

Non voglio perderti mai di vista intanto che i miei sogni non trovano rifugio e riposo invece tu cerchi altrove materia per crearne nuovi. E' ciò che starai facendo in questo momento? intanto che io ho difficoltà a respirare che sei seduto sul mio diaframma tu giochi un'altra partita.

Allora è questo ciò che ti rimane di me. 


Il nulla!


Micol


mercoledì 28 marzo 2012

PARTIRE E' UN PO' MORIRE



property image - Autor Alexander Jansson
http://www.alexanderjansson.com/


"... Allora pensi di concludere entro la mattinata?" La domanda mi riportò bruscamente alla realtà annuendo con un mal celato imbarazzo, vidi il mio capo settore lasciare il fianco della mia scrivania per poi chiudersi la porta della stanza alle spalle non prima di avermi dato uno sguardo dubbioso e diretto.
Presi il lavoro che chiedeva d'essere terminato ma dopo pochi minuti una forza contraria alla volontà di operare mi bloccava. Le mie dita sulla tastiera divennero pesanti e prive di ritmo, la vista sembrava subire un ulteriore miopia. 
Mi sforzavo d'andare avanti, ma di fatto mi sentivo in impasse.
"... la verità è che sono stanca! Stanca fisicamente e moralmente... stanca... stanca!"
M'alzai e mi diressi al bagno delle signore.
Allo specchio l'immagine di me non era di certo la faccia che avrei voluto incontrare per strada e gli occhi affossati e le occhiaie che erano riemerse dal mare di creme coprenti, correttore e fluido fondotinta, aveva vinto il mio umore, livido come due linee sotto gli occhi.
Voglio andare via! Mi farebbe bene un viaggio, sono tanti i luoghi che vorrei visitare e conoscere. Non ho mai viaggiato nella mia esistenza solo per un breve periodo per lo più viaggi verso dimore familiari con qualche sosta turistica nel tragitto, così nulla di più il tempo di una foto ricordo ma quando si è bambini il ricordo sfugge, anche se mi rivedo in una piazza enormemente grande con i piccioni in mano mentre gli offro del mangime, oppure la foto panoramica su una città stando sopra una torre. 
Il viaggio più lungo che ho fatto è quello dentro di me, quando per anni ed anni ho percorso sempre la stessa strada, mai una deviazione neppure per andare a pisciare.
"... dove vorresti andare?!" domando a me stessa mentre mi svesto giusto il tanto dei jeans e degli slip per sedermi sul freddo sedile che ricopre il water della cabina cieca.
"... dove vorresti andare?!" ripeto a me stessa mentre la rumorosa ventola d'aspirazione attira a se anche i miei pensieri risucchiandoli nel vortice insieme ai presunti cattivi odori.
Chiudo gli occhi appoggio i gomiti sulle ginocchia e il mento sui palmi aperti a leggio.
Forse mi addormenterò in questa scomoda posizione, ha qualche importanza. L'importante è viaggiare non è necessario un mezzo di locomozione è tutto nella mia testa, bagaglio compreso già stivato nel vano.






ringraziamenti: per l'immagine
 http://bochesmalas.blogspot.it


venerdì 23 marzo 2012

M'INVADO D'ALIAS SOTTO PERITI CLONI


Eric withe
Concordo con chiunque pensi che sono una persona imprendibile. Il mio spirito è più libero di quanto io stessa voglia convincermi, non sarei qui ora dopo ore spese ad immergermi nell'arte e a cercare di comprendere il messaggio di ogni artista sia capitato sotto la mia attenzione nella passeggiata virtuale in gallerie surreali e impressioniste di questo pomeriggio trascorso senza che mi accorgessi del tempo che intanto ha modellato un altra impercettibile (per ora) modifica al mio organismo.
Gli artisti che più ricerco sono quelli più indecifrabili nel loro attribuire visione di comodo del proprio istinto psicosomatizzato su tele, pareti, pavimenti ... qualsiasi superficie dove svuotare barattoli di colore astrattamente alla propria sofferenza.
Chi non soffre non è artista. Chi ha avuto un trauma si affaccia alla finestra che da al cortile interno del proprio inferno e attende che la vittima sia a disposizione per ucciderla e ucciderla ogni volta che si presenta con il proprio carico di significato doloroso, con l'immagine del torto e del danno.
Così si apre una sintonia con un mondo metafisico, fatto di consecutivi e vibratori stati REM e quotazioni in borsa sulla pena da trasformare in titoli ed azioni.
Così alle loro mostre il pubblico s'inchina davanti al talento quasi mai al dolore che questi artisti esprimono.
Così puoi trovarti a fissare l'opera di un grande autore che ha subito violenze ed abusi nell'infanzia e domandare com'è che è rituale per lui dipingere degli animaletti sgozzati oppure il degrado e la malattia nelle foschie e ambientazioni cupe del verde rame, di chi ritrae donne senza cappelli nè sopracciglia emaciate con seni vuoti... domandati dov'è la sterilità e l'aborto in quelle figure.
L'artista è il miglior psicanalista di se stesso. L'arte e la raffigurazione o forse la trasfigurazione del proprio "alias" lo conduce in percorsi sempre più intersificati che esultano di libertà, d'orgoglio, di passione, di elogio e mai di superego o forse si, dove la carne si libera dal senso del possesso di se stesso e si diventa non-materia ma eterea sostanza di bellezza e cospirazione.
Persi nella frammentazione del proprio Io in "n" infinito d'Alias perchè così potrà rimanere immortale colui che ha inciso la pietra e meno quello che ha coltivato la terra.
Perchè chi forgia il tempo in favore del chiasmo e dell'iperbato ha il pennello indenne dall'ossido e la ruggine.
Mi chiedo ora cos'ho in comune con questa gente, loro persone di successo, che con l'immagine vincono, colpiscono e sono lontani da me, sono nomi scritti già nel firmamento, stelle d'impareggiabile proporzione e fama. 
Sono come una bambina davanti ad una vetrina di dolciumi m'invado d'alias sotto periti cloni.

Nicoletta Ceccoli 





martedì 13 marzo 2012

LOVE ADDICTION (dipendenza affettiva)






Documentandomi sulla dipendenza affettiva leggo che le cause vanno ricercate fra le trame vissute nell'infanzia.
Ha predisposizione chi ha avuto un'infanzia priva di corrispondenza affettiva, chi è dovuto crescere in fretta per motivi contingenti alla famiglia stessa d'origine, chi ha subito violenze ed abusi d'ogni tipo e genere.
Colpisce soprattutto le donne facilmente desumibile per la struttura caratteriale femminile per la naturale propensione a vivere più intensamente le relazioni sin da piccine, per quella sensibilità più marcata ma gli uomini non sono comunque esenti dalla dipendenza affettiva.
Chi ne soffre è un dipendente a tutti gli effetti, e rientra in quelle patologie da dipendenza equiparate all'alcool, alla droga, agli atteggiamenti compulsivi da shopping etc. E' dipendente da quella risorsa che gli occorre per vivere o addirittura sopravvivere: l'Amore. Amare ed essere amati. 



continua.../

venerdì 9 marzo 2012

CONTAMINAZIONE SINESTETICA




... ed ora che sono giunta sopra il monte che mi resta da fare?
scendere per il sentiero che di strada ne avrò da percorrere ma mi porterà dritta fra le braccia dei miei avi o resterò sdraiata in un sofà d'erba e farfalle a guardare il cielo che programmi trasmetterà?
Bevo un infuso fumante di unicorni bianchi che galoppano in riva ai mari del nord e il vento attiva un ricordo e concepisce un profumo di corpi avvinghiati uniti mai in lotta d'amore e potere e se la tua pelle non ho mai morso io ne conosco ugualmente il sapore.
Sinestetica magia d'appropriarmi di un respiro dal vetro che imprigiona la tua fotografia, d'averlo sul mio fiato, e i capelli foglie strette di palmette e mani rami dramatizzano sulla mia testa la loro verità e ho difficoltà a tradurrne i segni ed il labiale, parliamo due lingue diverse inverse e bislacche da tirare fuori dalle tasche quando andrai al cinema a sgranocchiare per svilire la noia o la tensione.
La corteccia caduta scricchiola sotto il tuo passo ma non so dove stai e sto ferma sotto vento annusando la contraddizione termica del tuo corpo che sventra l'aria circostante e attendo nell' attenderti avvolta in un adagio che filtra sul mio udito la sola unica nota acuta che affilata stalattite trafigge l'arteria. Solo ora comprendo dopo aver attraversato, accartocciato, intrecciato, abortito il mio pensiero con quello altrui, che questa non è poesia e mai lo sarà solo un drenare di materia emozionale e scorie d'impulsi elettrici cerebrali.
... e continuo a pretendere un Angelo che trasfiguri ancora e poi per sempre la mia Arte e la mia Ragione in una Bellezza il cui tocco della mano sulla mia non posso fare a meno di cercare, una creatura chiamata Nostalgia contaminata dall'inclinazione sinestetica di cui sono posseduta
... e corro sul pianoro in alternanza di fuga e inseguimento dove io sono la preda e ancora io la cacciatrice,  vigile sul volo del rapace che si nutre da principio di bulbi oculari per accecare la vittima perchè si arrenda all'evidenza che prima del tutto era il nulla e prima che fosse luce era la notte più cupa come nella vittima la cecità e l'oblio.
Micol


lunedì 27 febbraio 2012

UNDER CONSTRUCTION

Sono in costruzione. 
Progettista maldestra provo ad edificare plastici d'irrealtà sopra rimpianti e delusioni, fallimenti e demolizioni.
Macerie. 
Arresa sono caduta in mezzo alla polvere soffiata d' Achille semidio glorioso e vendicatore. 
Le braccia molli cadono sui dorsi di mani aperte verso un cielo livido dal colpo subito sui detriti e cocci di mattoni rossi erosi e si compiace il vento a spettinare la storia da cui sfogliare carta ecologica dove ho scritto che tu non ci sei e se tu non ci sei non c'è posto per nessun altro nella costruzione di una frazione d'ora e renderla importante e imponente, come quando volteggiando disegnavo con le mie braccia ad arco il tempo flessibile alla complicità e mi facevo cupola e molo perchè attraccassi.
Lo senti questo pianoforte? E' colonna sonora premio Oscar per la miglior interpretazione. 
Non fare il modesto un pò Maestro e un pò attore lo sei stato e ancora lo sarai in questo viaggio di miserie e lentezze dove ci vuole coraggio; per costruire insieme ci vuole coraggio.
Quella tranquillità domestica, addomesticata dalla voce dei padri, ho venduto per trenta denari da spendere al botteghino di un cinema d'essai,  mansueta mi vedeva l'occhio ma quel che c'era dentro ribolliva in attesa che l'avventura venisse a bussare alla mia porta, attendendoti e bramandoti prima ancora che ti rivelassi e mi chiedo ancora oggi qual'è stato il preciso istante in cui il machete ha colpito la canna e il gas ha cominciato ad invadere l'aria dal basso.
Ricostruire non è per niente facile. Non che non sappia da dove cominciare, ma sono troppo profonde le ferite, le mie carni: un tatuaggio di date. 
Torre o prigione: le mie memorie sottotitolate per chi non ode e non parla nonostante io ami la sua lingua muta e il desiderio acuisce il dolore per il distacco dagli oggetti smarriti e in mezzo ad essi quel sentimento legato ad una fune tesa sopra alla mia testa; spada di Damocle e della tua ira funesta.





domenica 19 febbraio 2012

ANATOMIA DI UN SENTIMENTO




Identifichiamo come centro dei nostri sentimenti ed emozioni il cuore, tutto convergerebbe su questo organo nemmeno tanto esteticamente romantico a vederlo nella sua anatomia, pugno e scrigno che fa da chiusa e custodisce un regno di pulsazioni, pulsioni, flussi, vibrazioni, sistole ed extrasistole e dilatazioni, contrazioni, sintomi e attività vitali, telaio di ingranaggi pulsanti per mantenere inalterato un equilibrio necessario per sopravvivere.
Ma è lì che le emozioni hanno potere più del cibo che alimenta e dell'aria che si respira. 
Una gioia lo fa sussultare lasciando che segua ritmi sincopati e diventa maestro che dirige il corpo in orchestra di fiati e corde.
Un dolore lo chiude in una morsa esalando tristezza in ogni vaso, fa sfiorire la primavera e sgorga mutandosi in lacrime.
Il rimpianto è un pittore maledetto che sporca il vivo del rosso, costringendolo ad un battito lento segnando un tempo che non gli appartiene.
Il cuore di cui si abusa e si estremizza, che catalizza gli influssi negativi e positivi di un'esistenza e gli elabora in sentimento.
E' il cuore il centro della nostra emotività? Responsabile o complice di un universo parallelo tra realtà e idealizzazione.
... e non so più dire TI AMO perchè il mio cuore è silenzioso, fugge dalla realtà e si nasconde per non pronunciare promesse vane e non consente di nutrirsi di parole d'amore per cui non ha orecchio e bocca per ricambiare.
Più non dico TI AMO, perchè il mio cuore non scende a compromessi e non contraddice lo sguardo verso la meta lontana, se il vento della notte più non risponde col soffio sopra la mia isola allora sarò terra arida abitata dalle ombre del passato e non riposa il cielo senza sole nè lune, sopra il mio costato ferito dalla punta della lancia di chi non ha perdonato.

Mic



sabato 18 febbraio 2012

LESSON NUMBER ONE




Uno degli uomini che in assoluto ha fatto grande il cinema è Woody Allen. 
Ricordi adolescenziali mi portano all'attrazione psicologica che i suoi film producevano nella mia testolina acerba d'esperienze.
Lui piccolo ed emaciato, per nulla vicino a un qualsivoglia canone estetico, ha catalizzato l'interesse di un pubblico di nicchia espandendosi e ottenendo un successo incondizionato.
Le tematiche affrontate nei suoi film sono ordinariamente vissute da chiunque ma la specialità di questo autore, regista, letterato, musicista, scenografo, commediografo etc etc. ha la sfacciataggine di denunciarle con l'autoironia e il sarcasmo di chi l'esperienza la fa su se stesso e fa bagaglio di quei  comportamenti rilevati negli ambienti della borghesia intellettuale statunitense che non è difficile osservando attentamente le sue commedie, estendere in quelle psico-tragedie quotidiane infettate dall'americanismo in Europa, in ritardo sui tempi ma che forse oggi riscontriamo sulla maniacale occupazione del genere moderno.
Allen disquisisce tra etica e morale e gioca carismatico e ironico su come la società abusa di questi termini comportandosi in ossessiva contraddizione, costruisce nel personaggio una casualità di eventi circostanziali che lo inducono a scegliere e dimostrarsi per quelle scelte ben paragonabili agli stereotipi socialmente in uso.
La bellezza sta nei dialoghi che Allen, forse un pò presuntuosamente, srotola come tappeti volanti dove è doveroso un inchino. Sempre raffinato ed estremamente cerebrale, culturalmente appagante e con una dose di pura follia, apre le porte al suo Io e facendolo sprona tutto il suo pubblico a fare come lui.
Domande e teorie su Dio, la donna, il sesso, la psicanalisi e ancora il razzismo, il rapporto dell'uomo con il progresso e quello con il denaro, non c'è argomento che Allen non abbia affrontato mostrando di saper coniugare il passato con quello che è stato il suo presente, ma che ancora oggi per opere non più verdissime Allen ci insegna e ci fa riflettere.

Mic

"Per fare una rivoluzione ci vogliono due cose: 
qualcuno o qualcosa contro cui rivoltarsi e qualcuno che si presenti e faccia la rivoluzione." 
W. Allen


martedì 14 febbraio 2012

L'AMORE, QUELLO VERO

Juan MEDINA

Quante forme ha assunto questo rimpianto in tanto tempo non riesco neppure più a contarle.
Chissà se più d'ogni altra cosa io sia innamorata della solitudine che mi attende fedele compagna di una complicità mai sopita.
Ci guardiamo in faccia e ridiamo per quei dilettanti che usano una poesia di Prevert per pubblicizzare incontri e abbracci e quei baci da ipoglicemia.
L'amore, quello vero, deve sporcarsi per entrare nelle vene. 
Deve sgorgare come lava vulcanica dalle bocche dell'essere e deve creare una dipendenza sottomessa in continuo ribollio. L'amore quello vero s'alimenta di paura e di sospetto e sbatte contro il muro con violenza.
Deve disorientare far chiedere dove ci si trova, perchè nulla vive per quello che si ha davanti.
L'amore quello vero fa scrivere miliardi di parole, che abbiano senso o meno non ha importanza ma devono avere il sapore di sigarette fumate nell'attesa sperata anche delusa e poi di corsa con le dita su una tastiera che diventa pianoforte a salire per scale e diventare artefici di un'opera unica che nessun orecchio potrà mai udire.
Perchè l'Amore, quello vero ha sensi nelle dita e udito nel ventre, Si sfama di una passione cattiva che abbacina la mente. 
L'amore, quello vero è amaro con retrogusto di fiele, un sacrificio che non consuma le forze perchè chiede di ricominciare a vivere nella sublime consapevolezza della sua effimera bellezza.


Juan MEDINA







** Biografia **

Juan Medina è un latino-americano nato nella Repubblica Dominicana nel 1948. Si è laureato con lode presso la Scuola Nazionale di Belle Arti di Santo Domingo e da Studio murale del professor Jaime Colson. Dal 1974 è professore nella stessa scuola in carica della pittura nudo e post-laurea.È stato nominato direttore nel 2002. 
Come un giovane professionista è stato molto impressionato dai problemi sociali e politici del suo paese ed è stato inclinato verso il realismo sociale. Nel 1970 la città di Santo Domingo ha commissionato un grande dipinto murale affresco all'aperto dal titolo "Educazione". Fine degli anni '70 ha lavorato con tematiche esoteriche, principalmente in blu.Espone questi lavori nel 1979 in una mostra un uomo in Offerta Centro de Arte Cndido. Durante questo periodo ha anche partecipato a diverse mostre collettive nella Repubblica Dominicana.

Tra il 1982 e il 1992 Medina ha lavorato su dipinti e disegni commissionati per la commemorazione della scoperta ed evangelizzazione dell'America e del 150 ° Anniversario della Repubblica Dominicana. Queste opere si trovano nella cattedrale di Santo Domingo, il Museo della Casas Reales, Patronato de la Ciudad Colonial e il Pantheon Nazionale.Durante questo periodo ha presentato due spettacoli singoli: "Momenti storici" (1989) nel Museo di Casas Reales e"Chronicles of America" ​​(1992) nella sede della Commissione Dominicana per la celebrazione del V Centenario della scoperta ed evangelizzazione d'America. E 'autore dei disegni per l'esposizione più per commemorare il 150 °Anniversario della Repubblica Dominicana, "l'indipendenza nazionale, Il Processo" in forma di manifesti di grandi dimensioni, pubblicati in un libro.
Dopo un intenso periodo di lavoro in uno stile tradizionale arte Medina sentito l'esigenza di approfondire all'interno della moderna. Dal 1992 ha lavorato in tecniche miste dei media, la sperimentazione di colori, texture, effetti e la sua incisività elegante.La sua ultima mostra dal titolo "Euritmia" si è tenuto nel suo Estudio-Pinacoteca del 2003.
Non ha nessun conflitto tra arte tradizionale e arte moderna come lui si sentono attratti e confortevole con entrambi. Nelle sue parole : "Non c'è arte antica o nuova arte, ma solo buona o cattiva arte" .

 Sito Ufficiale Artista: http://www.medinajuan.com/

sabato 11 febbraio 2012

COSI' DECIDO DI SCRIVERE




Sono giorni che ruoto intorno a questa pagina, ho tolto l'ultimo granello di polvere, ma poi era la luce che disturbava sul foglio. 
Ho ripreso l'idea di entrare e scrivere ma poi era la musica in sottofondo che distrubava la concentrazione. 
Ritornavo persuasa e con un' incipit vincente: questa volta avrei messo su un bel pezzo ma mi accorgevo che l'orologio segnava che s'era fatto tardi e avrei sicuramente trovato modo l'indomani più fresca ed energica la strada per versarmi sul mio nuovo affascinante diario virtuale.
Invece no!
La verità è che sto prendendo tempo, perchè qualcosa è accaduto e non è l'eccezionale ondata di maltempo che ci ha investito. 
E' un lutto, una perdita che non riesco ad elaborare e non ho nessuna intenzione di farlo.
Non provo alcuno stimolo per avviarmi ad una riabilitazione, la realtà è troppo scomoda e non mi nascondo che fuggo da essa cercando rifugio e consolazione in quel piano superiore di una coscienza al limite della razionalità benchè, se pur anche questa realtà parallela non ha nessuna via d'uscita dal dolore.
Una protesi a spirale è l'organo meccanico che un potere alienante ha innestato tra la mente e un punto imprecisato del quale non si ha verifica sulla veridicità, ma l'umanità da sempre ne osserva il beneficio del dubbio asserendone l'esistenza su un punto incorporeo chiamato Anima.
Ora non so se il mio sguardo sia caduto sul posacenere romboidale color ambra per puro caso o sia invece la protesi che si è attivata come di solito del tutto autonomamente creando degli scoordinamenti comprensibilmente innaturali alla postura, ai gesti, così alle espressioni del mio volto, stringendo il campo visivo e dilatando visioni improvvise, inoculando ora voci , ora volto amato, e mischiando talvolta come un baro sadico i ricordi come fossero carte al tavolo verde distribuendo e lasciando al caso l'idea che io sia un burattino nelle mani di un improbabile ingegnere del male o più probabilmente un sarcastico manovratore del culto della fede che ho sposato e legatami al palo invocando un'esecuzione che non arriva.
Questa sua strategia m'impone a tratti un'apatia oltre misura concepibile e falli d'attenzione su quello che sono i miei compiti da farsi sul momento e forse scrivo ma non so se lo scrivente è ciò che chi leggerà penserà che sia oppure un'intrusione fenomenale data la mia modesta ma sofisticata follia del genio incompreso.





lunedì 30 gennaio 2012

FRIABILE INTONACO DI PIXEL


CADE FRIABILE INTONACO
  DI PIXEL E LOGARITMO
  GUARDAMI ORA
  GUARDAMI ANCORA
  FINO ALL'ULTIMO SECONDO
  IN UN'AGONIA DIGITALE
  D'ILLUSORIA REALTA'
  ANGELO E DEMONE
  FOLLE E IRRAZIONALE
  ICONA IN ROVINOSA
  DESTRUTTURAZIONE
  D' AVATAR INGHIOTTITO
  NELLA VORACE DINAMICITA'
  DI UN BUCO NERO

TEMPESTA ELETTRICA

DEFOULT SERVERIZZATO

STACCATA LA SPINA

AMEN
MICOL FOREVER


THANK YOU FOR A GIVEN ME AN ANGEL!!!

I LOVE 'U



vivo concentrata nell'eutanasia del mio piccolo angolo virtuale

l'isola che mi ha visto felice, il cuscino assorbente delle mie lacrime, 
il mio giochino antistress, il liquido nero delle mie notti insonni
....
http://micolforever.splinder.com/



SI RICOMINCIA DA QUI







Ascolta e tieni il ritmo
Stai con me
Mic



LE COSE CHE NON HAI FATTO - B. FERRERO

 fotografia proprietà e pubblicazione tratta da:


Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai? 

Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.

E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?

Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.

Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?

Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.

Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?

Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.

E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?

Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.

Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.

Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.

C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.

Ma tu non sei tornato.



Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.

Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte.

BRUNO FERRERO






from:micoldanielsforever.iobloggo.com  25/01/2012  08.40 AM