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mercoledì 28 marzo 2012

PARTIRE E' UN PO' MORIRE



property image - Autor Alexander Jansson
http://www.alexanderjansson.com/


"... Allora pensi di concludere entro la mattinata?" La domanda mi riportò bruscamente alla realtà annuendo con un mal celato imbarazzo, vidi il mio capo settore lasciare il fianco della mia scrivania per poi chiudersi la porta della stanza alle spalle non prima di avermi dato uno sguardo dubbioso e diretto.
Presi il lavoro che chiedeva d'essere terminato ma dopo pochi minuti una forza contraria alla volontà di operare mi bloccava. Le mie dita sulla tastiera divennero pesanti e prive di ritmo, la vista sembrava subire un ulteriore miopia. 
Mi sforzavo d'andare avanti, ma di fatto mi sentivo in impasse.
"... la verità è che sono stanca! Stanca fisicamente e moralmente... stanca... stanca!"
M'alzai e mi diressi al bagno delle signore.
Allo specchio l'immagine di me non era di certo la faccia che avrei voluto incontrare per strada e gli occhi affossati e le occhiaie che erano riemerse dal mare di creme coprenti, correttore e fluido fondotinta, aveva vinto il mio umore, livido come due linee sotto gli occhi.
Voglio andare via! Mi farebbe bene un viaggio, sono tanti i luoghi che vorrei visitare e conoscere. Non ho mai viaggiato nella mia esistenza solo per un breve periodo per lo più viaggi verso dimore familiari con qualche sosta turistica nel tragitto, così nulla di più il tempo di una foto ricordo ma quando si è bambini il ricordo sfugge, anche se mi rivedo in una piazza enormemente grande con i piccioni in mano mentre gli offro del mangime, oppure la foto panoramica su una città stando sopra una torre. 
Il viaggio più lungo che ho fatto è quello dentro di me, quando per anni ed anni ho percorso sempre la stessa strada, mai una deviazione neppure per andare a pisciare.
"... dove vorresti andare?!" domando a me stessa mentre mi svesto giusto il tanto dei jeans e degli slip per sedermi sul freddo sedile che ricopre il water della cabina cieca.
"... dove vorresti andare?!" ripeto a me stessa mentre la rumorosa ventola d'aspirazione attira a se anche i miei pensieri risucchiandoli nel vortice insieme ai presunti cattivi odori.
Chiudo gli occhi appoggio i gomiti sulle ginocchia e il mento sui palmi aperti a leggio.
Forse mi addormenterò in questa scomoda posizione, ha qualche importanza. L'importante è viaggiare non è necessario un mezzo di locomozione è tutto nella mia testa, bagaglio compreso già stivato nel vano.






ringraziamenti: per l'immagine
 http://bochesmalas.blogspot.it


venerdì 23 marzo 2012

M'INVADO D'ALIAS SOTTO PERITI CLONI


Eric withe
Concordo con chiunque pensi che sono una persona imprendibile. Il mio spirito è più libero di quanto io stessa voglia convincermi, non sarei qui ora dopo ore spese ad immergermi nell'arte e a cercare di comprendere il messaggio di ogni artista sia capitato sotto la mia attenzione nella passeggiata virtuale in gallerie surreali e impressioniste di questo pomeriggio trascorso senza che mi accorgessi del tempo che intanto ha modellato un altra impercettibile (per ora) modifica al mio organismo.
Gli artisti che più ricerco sono quelli più indecifrabili nel loro attribuire visione di comodo del proprio istinto psicosomatizzato su tele, pareti, pavimenti ... qualsiasi superficie dove svuotare barattoli di colore astrattamente alla propria sofferenza.
Chi non soffre non è artista. Chi ha avuto un trauma si affaccia alla finestra che da al cortile interno del proprio inferno e attende che la vittima sia a disposizione per ucciderla e ucciderla ogni volta che si presenta con il proprio carico di significato doloroso, con l'immagine del torto e del danno.
Così si apre una sintonia con un mondo metafisico, fatto di consecutivi e vibratori stati REM e quotazioni in borsa sulla pena da trasformare in titoli ed azioni.
Così alle loro mostre il pubblico s'inchina davanti al talento quasi mai al dolore che questi artisti esprimono.
Così puoi trovarti a fissare l'opera di un grande autore che ha subito violenze ed abusi nell'infanzia e domandare com'è che è rituale per lui dipingere degli animaletti sgozzati oppure il degrado e la malattia nelle foschie e ambientazioni cupe del verde rame, di chi ritrae donne senza cappelli nè sopracciglia emaciate con seni vuoti... domandati dov'è la sterilità e l'aborto in quelle figure.
L'artista è il miglior psicanalista di se stesso. L'arte e la raffigurazione o forse la trasfigurazione del proprio "alias" lo conduce in percorsi sempre più intersificati che esultano di libertà, d'orgoglio, di passione, di elogio e mai di superego o forse si, dove la carne si libera dal senso del possesso di se stesso e si diventa non-materia ma eterea sostanza di bellezza e cospirazione.
Persi nella frammentazione del proprio Io in "n" infinito d'Alias perchè così potrà rimanere immortale colui che ha inciso la pietra e meno quello che ha coltivato la terra.
Perchè chi forgia il tempo in favore del chiasmo e dell'iperbato ha il pennello indenne dall'ossido e la ruggine.
Mi chiedo ora cos'ho in comune con questa gente, loro persone di successo, che con l'immagine vincono, colpiscono e sono lontani da me, sono nomi scritti già nel firmamento, stelle d'impareggiabile proporzione e fama. 
Sono come una bambina davanti ad una vetrina di dolciumi m'invado d'alias sotto periti cloni.

Nicoletta Ceccoli 





martedì 13 marzo 2012

LOVE ADDICTION (dipendenza affettiva)






Documentandomi sulla dipendenza affettiva leggo che le cause vanno ricercate fra le trame vissute nell'infanzia.
Ha predisposizione chi ha avuto un'infanzia priva di corrispondenza affettiva, chi è dovuto crescere in fretta per motivi contingenti alla famiglia stessa d'origine, chi ha subito violenze ed abusi d'ogni tipo e genere.
Colpisce soprattutto le donne facilmente desumibile per la struttura caratteriale femminile per la naturale propensione a vivere più intensamente le relazioni sin da piccine, per quella sensibilità più marcata ma gli uomini non sono comunque esenti dalla dipendenza affettiva.
Chi ne soffre è un dipendente a tutti gli effetti, e rientra in quelle patologie da dipendenza equiparate all'alcool, alla droga, agli atteggiamenti compulsivi da shopping etc. E' dipendente da quella risorsa che gli occorre per vivere o addirittura sopravvivere: l'Amore. Amare ed essere amati. 



continua.../

venerdì 9 marzo 2012

CONTAMINAZIONE SINESTETICA




... ed ora che sono giunta sopra il monte che mi resta da fare?
scendere per il sentiero che di strada ne avrò da percorrere ma mi porterà dritta fra le braccia dei miei avi o resterò sdraiata in un sofà d'erba e farfalle a guardare il cielo che programmi trasmetterà?
Bevo un infuso fumante di unicorni bianchi che galoppano in riva ai mari del nord e il vento attiva un ricordo e concepisce un profumo di corpi avvinghiati uniti mai in lotta d'amore e potere e se la tua pelle non ho mai morso io ne conosco ugualmente il sapore.
Sinestetica magia d'appropriarmi di un respiro dal vetro che imprigiona la tua fotografia, d'averlo sul mio fiato, e i capelli foglie strette di palmette e mani rami dramatizzano sulla mia testa la loro verità e ho difficoltà a tradurrne i segni ed il labiale, parliamo due lingue diverse inverse e bislacche da tirare fuori dalle tasche quando andrai al cinema a sgranocchiare per svilire la noia o la tensione.
La corteccia caduta scricchiola sotto il tuo passo ma non so dove stai e sto ferma sotto vento annusando la contraddizione termica del tuo corpo che sventra l'aria circostante e attendo nell' attenderti avvolta in un adagio che filtra sul mio udito la sola unica nota acuta che affilata stalattite trafigge l'arteria. Solo ora comprendo dopo aver attraversato, accartocciato, intrecciato, abortito il mio pensiero con quello altrui, che questa non è poesia e mai lo sarà solo un drenare di materia emozionale e scorie d'impulsi elettrici cerebrali.
... e continuo a pretendere un Angelo che trasfiguri ancora e poi per sempre la mia Arte e la mia Ragione in una Bellezza il cui tocco della mano sulla mia non posso fare a meno di cercare, una creatura chiamata Nostalgia contaminata dall'inclinazione sinestetica di cui sono posseduta
... e corro sul pianoro in alternanza di fuga e inseguimento dove io sono la preda e ancora io la cacciatrice,  vigile sul volo del rapace che si nutre da principio di bulbi oculari per accecare la vittima perchè si arrenda all'evidenza che prima del tutto era il nulla e prima che fosse luce era la notte più cupa come nella vittima la cecità e l'oblio.
Micol