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venerdì 23 marzo 2012

M'INVADO D'ALIAS SOTTO PERITI CLONI


Eric withe
Concordo con chiunque pensi che sono una persona imprendibile. Il mio spirito è più libero di quanto io stessa voglia convincermi, non sarei qui ora dopo ore spese ad immergermi nell'arte e a cercare di comprendere il messaggio di ogni artista sia capitato sotto la mia attenzione nella passeggiata virtuale in gallerie surreali e impressioniste di questo pomeriggio trascorso senza che mi accorgessi del tempo che intanto ha modellato un altra impercettibile (per ora) modifica al mio organismo.
Gli artisti che più ricerco sono quelli più indecifrabili nel loro attribuire visione di comodo del proprio istinto psicosomatizzato su tele, pareti, pavimenti ... qualsiasi superficie dove svuotare barattoli di colore astrattamente alla propria sofferenza.
Chi non soffre non è artista. Chi ha avuto un trauma si affaccia alla finestra che da al cortile interno del proprio inferno e attende che la vittima sia a disposizione per ucciderla e ucciderla ogni volta che si presenta con il proprio carico di significato doloroso, con l'immagine del torto e del danno.
Così si apre una sintonia con un mondo metafisico, fatto di consecutivi e vibratori stati REM e quotazioni in borsa sulla pena da trasformare in titoli ed azioni.
Così alle loro mostre il pubblico s'inchina davanti al talento quasi mai al dolore che questi artisti esprimono.
Così puoi trovarti a fissare l'opera di un grande autore che ha subito violenze ed abusi nell'infanzia e domandare com'è che è rituale per lui dipingere degli animaletti sgozzati oppure il degrado e la malattia nelle foschie e ambientazioni cupe del verde rame, di chi ritrae donne senza cappelli nè sopracciglia emaciate con seni vuoti... domandati dov'è la sterilità e l'aborto in quelle figure.
L'artista è il miglior psicanalista di se stesso. L'arte e la raffigurazione o forse la trasfigurazione del proprio "alias" lo conduce in percorsi sempre più intersificati che esultano di libertà, d'orgoglio, di passione, di elogio e mai di superego o forse si, dove la carne si libera dal senso del possesso di se stesso e si diventa non-materia ma eterea sostanza di bellezza e cospirazione.
Persi nella frammentazione del proprio Io in "n" infinito d'Alias perchè così potrà rimanere immortale colui che ha inciso la pietra e meno quello che ha coltivato la terra.
Perchè chi forgia il tempo in favore del chiasmo e dell'iperbato ha il pennello indenne dall'ossido e la ruggine.
Mi chiedo ora cos'ho in comune con questa gente, loro persone di successo, che con l'immagine vincono, colpiscono e sono lontani da me, sono nomi scritti già nel firmamento, stelle d'impareggiabile proporzione e fama. 
Sono come una bambina davanti ad una vetrina di dolciumi m'invado d'alias sotto periti cloni.

Nicoletta Ceccoli 





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