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giovedì 19 aprile 2012

DELIRIUM

Gregory Thielker - Vortex  2008  oil on canvas

Ho una spregiudicata tentazione verso l'acqua.
Liquido ambiguo nell'innocenza della purezza avversa alla forza della devastazione.
Specchio distorto d'immagine capace di capovolgere la visione del mondo e non ho memoria della mia vita intrauterina ma ho un sapore di sangue, liquido così diverso, corposo e denso, vitale scarlatto, metamorfico.


Mic






ringraziamenti: http://www.gregorythielker.com/index.html


n.d.author (me)
http://gabrielmorenoillustrating.blogspot.it/
http://artrageitalia.forumfree.it/

venerdì 13 aprile 2012

CONFONDO I BATTITI DEL MIO CUORE CON I TUOI PASSI INESISTENTI




                              Ho avuto giorni pieni. La testa occupata così come le gambe.
                              Sono stati giorni buoni di cose che ho atteso e sono arrivate.
                              Ho una stanchezza buona di cose che hanno soddisfatto.
                              Parecchio è ritornato al suo posto dopo un lungo periodo
                              di stasi, con l'orecchio atteso se riuscivo a sentire provenire
                              da lontano il rumore delle cose che s'avvicinavano.
La mia vita è attesa. Alle volte un'attesa buona di quelle che
si è comprensivi se il tempo s'allunga perchè è certo che
arriva presto o tardi e comunque quando è sotto i tuoi occhi
hai già dimenticato d'aver trascorso giorni silenziosi e guardinghi
sulla pazienza. Una pazienza affettuosa che ti dice di calmare
la fretta che il pensiero corre sul possesso che si arriva ad essere
soddisfatti.             Ma c'è una pazienza morbosa che si è convinta che
                                l'attesa per una certa qual cosa sarà lunga; molto lunga.
                                Quell'attesa diventa ossessiva... nulla di buono. Lo capisco da come
                                mi bruciano gli occhi quando penso a quel qualcosa che non arriva.
Ho trascorso più di mille giorni, che dico ancora qualche centinaio
in più di mille ad aspettare e ho visto lune in tutte le loro fasi, stagioni
spogliarsi e vestirsi dei propri colori, ho atteso succhiando dita e
morsicandone le unghie. Ho trascorso giorni pensando che domani,
si forse domani, sarebbe arrivato a compiersi il sospirato desiderio.
Ho vissuto giorni pieni di niente e vuoti di tutto, piangendo, ridendo
di me, della pazza che sono. Tendo ogni giorno l'orecchio per sentire
se da lontano proviene il rumore di passi che s'avvicinano.
Certi giorni echeggiano sul mio cuore e li confondo con i battiti ed esulto
nell'idea che l'attesa sia finita.
                                 Sono stati giorni pieni, la mia testa è stata occupata dal fare e dal dire,
                                 guido la mia nuova macchina appena un pò incerta, alle cose ci si deve
                                 fare l'abitudine. Provo a venire verso di te, voglio prenderti per portarti
                                 ad ammirare tramonti che fino ad oggi ho visto da sola e magari portarti
                                 nella notte sotto un cielo stellato e rimanere lì con la faccia beota di chi
                                 guarda i propri sogni riflessi sulle lune che influiscono sulle maree.
Vorrei che quest'attesa fosse nuova priva d'abitudine allo sconforto
che quando arriva sera io ti attendo ancora. 


Micol








ringraziamenti:http://ggalleryslo.blogspot.it/2012/03/gale-antokal.html

venerdì 6 aprile 2012

CIO' CHE TI RIMANE DI ME




Sono stata concepita in questo silenzio, piccolo essere da incubare in amniotico liquido sostanza d'inoculata noncuranza.

Ho letto che la forma di disprezzo più alta è quella dimostrata con l'indifferenza.


Allora è questo, mi hai disprezzato fino a sciogliermi nell'acido della dimenticanza.
Allora è questo che è accaduto mentre il mio amore sta lì fermo all'apice delle correnti ascensionali a chiedere passaggio agli aquiloni per attraversare il cielo sopra la tua testa, tu... tu.. . hai smesso di crederci e non hai più guardato alle cose più in alto.
Sapessi la mia anima in quanti sonni caduchi e repentini cade ed il risveglio appena dopo mi lascia frastornata.Non conosco stanchezza - alle volte la stanchezza è un lusso che non posso concedermi.
Basta poco per ritornare in veglia. 
Ho il sonno dei custodi di notte, un minuto basta pur di non levare la preoccupazione e attenzione sull'imponente, preziosa, opera d'arte che mi sovrasta e angoscia.

Non voglio perderti mai di vista intanto che i miei sogni non trovano rifugio e riposo invece tu cerchi altrove materia per crearne nuovi. E' ciò che starai facendo in questo momento? intanto che io ho difficoltà a respirare che sei seduto sul mio diaframma tu giochi un'altra partita.

Allora è questo ciò che ti rimane di me. 


Il nulla!


Micol


mercoledì 28 marzo 2012

PARTIRE E' UN PO' MORIRE



property image - Autor Alexander Jansson
http://www.alexanderjansson.com/


"... Allora pensi di concludere entro la mattinata?" La domanda mi riportò bruscamente alla realtà annuendo con un mal celato imbarazzo, vidi il mio capo settore lasciare il fianco della mia scrivania per poi chiudersi la porta della stanza alle spalle non prima di avermi dato uno sguardo dubbioso e diretto.
Presi il lavoro che chiedeva d'essere terminato ma dopo pochi minuti una forza contraria alla volontà di operare mi bloccava. Le mie dita sulla tastiera divennero pesanti e prive di ritmo, la vista sembrava subire un ulteriore miopia. 
Mi sforzavo d'andare avanti, ma di fatto mi sentivo in impasse.
"... la verità è che sono stanca! Stanca fisicamente e moralmente... stanca... stanca!"
M'alzai e mi diressi al bagno delle signore.
Allo specchio l'immagine di me non era di certo la faccia che avrei voluto incontrare per strada e gli occhi affossati e le occhiaie che erano riemerse dal mare di creme coprenti, correttore e fluido fondotinta, aveva vinto il mio umore, livido come due linee sotto gli occhi.
Voglio andare via! Mi farebbe bene un viaggio, sono tanti i luoghi che vorrei visitare e conoscere. Non ho mai viaggiato nella mia esistenza solo per un breve periodo per lo più viaggi verso dimore familiari con qualche sosta turistica nel tragitto, così nulla di più il tempo di una foto ricordo ma quando si è bambini il ricordo sfugge, anche se mi rivedo in una piazza enormemente grande con i piccioni in mano mentre gli offro del mangime, oppure la foto panoramica su una città stando sopra una torre. 
Il viaggio più lungo che ho fatto è quello dentro di me, quando per anni ed anni ho percorso sempre la stessa strada, mai una deviazione neppure per andare a pisciare.
"... dove vorresti andare?!" domando a me stessa mentre mi svesto giusto il tanto dei jeans e degli slip per sedermi sul freddo sedile che ricopre il water della cabina cieca.
"... dove vorresti andare?!" ripeto a me stessa mentre la rumorosa ventola d'aspirazione attira a se anche i miei pensieri risucchiandoli nel vortice insieme ai presunti cattivi odori.
Chiudo gli occhi appoggio i gomiti sulle ginocchia e il mento sui palmi aperti a leggio.
Forse mi addormenterò in questa scomoda posizione, ha qualche importanza. L'importante è viaggiare non è necessario un mezzo di locomozione è tutto nella mia testa, bagaglio compreso già stivato nel vano.






ringraziamenti: per l'immagine
 http://bochesmalas.blogspot.it


venerdì 23 marzo 2012

M'INVADO D'ALIAS SOTTO PERITI CLONI


Eric withe
Concordo con chiunque pensi che sono una persona imprendibile. Il mio spirito è più libero di quanto io stessa voglia convincermi, non sarei qui ora dopo ore spese ad immergermi nell'arte e a cercare di comprendere il messaggio di ogni artista sia capitato sotto la mia attenzione nella passeggiata virtuale in gallerie surreali e impressioniste di questo pomeriggio trascorso senza che mi accorgessi del tempo che intanto ha modellato un altra impercettibile (per ora) modifica al mio organismo.
Gli artisti che più ricerco sono quelli più indecifrabili nel loro attribuire visione di comodo del proprio istinto psicosomatizzato su tele, pareti, pavimenti ... qualsiasi superficie dove svuotare barattoli di colore astrattamente alla propria sofferenza.
Chi non soffre non è artista. Chi ha avuto un trauma si affaccia alla finestra che da al cortile interno del proprio inferno e attende che la vittima sia a disposizione per ucciderla e ucciderla ogni volta che si presenta con il proprio carico di significato doloroso, con l'immagine del torto e del danno.
Così si apre una sintonia con un mondo metafisico, fatto di consecutivi e vibratori stati REM e quotazioni in borsa sulla pena da trasformare in titoli ed azioni.
Così alle loro mostre il pubblico s'inchina davanti al talento quasi mai al dolore che questi artisti esprimono.
Così puoi trovarti a fissare l'opera di un grande autore che ha subito violenze ed abusi nell'infanzia e domandare com'è che è rituale per lui dipingere degli animaletti sgozzati oppure il degrado e la malattia nelle foschie e ambientazioni cupe del verde rame, di chi ritrae donne senza cappelli nè sopracciglia emaciate con seni vuoti... domandati dov'è la sterilità e l'aborto in quelle figure.
L'artista è il miglior psicanalista di se stesso. L'arte e la raffigurazione o forse la trasfigurazione del proprio "alias" lo conduce in percorsi sempre più intersificati che esultano di libertà, d'orgoglio, di passione, di elogio e mai di superego o forse si, dove la carne si libera dal senso del possesso di se stesso e si diventa non-materia ma eterea sostanza di bellezza e cospirazione.
Persi nella frammentazione del proprio Io in "n" infinito d'Alias perchè così potrà rimanere immortale colui che ha inciso la pietra e meno quello che ha coltivato la terra.
Perchè chi forgia il tempo in favore del chiasmo e dell'iperbato ha il pennello indenne dall'ossido e la ruggine.
Mi chiedo ora cos'ho in comune con questa gente, loro persone di successo, che con l'immagine vincono, colpiscono e sono lontani da me, sono nomi scritti già nel firmamento, stelle d'impareggiabile proporzione e fama. 
Sono come una bambina davanti ad una vetrina di dolciumi m'invado d'alias sotto periti cloni.

Nicoletta Ceccoli 





martedì 13 marzo 2012

LOVE ADDICTION (dipendenza affettiva)






Documentandomi sulla dipendenza affettiva leggo che le cause vanno ricercate fra le trame vissute nell'infanzia.
Ha predisposizione chi ha avuto un'infanzia priva di corrispondenza affettiva, chi è dovuto crescere in fretta per motivi contingenti alla famiglia stessa d'origine, chi ha subito violenze ed abusi d'ogni tipo e genere.
Colpisce soprattutto le donne facilmente desumibile per la struttura caratteriale femminile per la naturale propensione a vivere più intensamente le relazioni sin da piccine, per quella sensibilità più marcata ma gli uomini non sono comunque esenti dalla dipendenza affettiva.
Chi ne soffre è un dipendente a tutti gli effetti, e rientra in quelle patologie da dipendenza equiparate all'alcool, alla droga, agli atteggiamenti compulsivi da shopping etc. E' dipendente da quella risorsa che gli occorre per vivere o addirittura sopravvivere: l'Amore. Amare ed essere amati. 



continua.../

venerdì 9 marzo 2012

CONTAMINAZIONE SINESTETICA




... ed ora che sono giunta sopra il monte che mi resta da fare?
scendere per il sentiero che di strada ne avrò da percorrere ma mi porterà dritta fra le braccia dei miei avi o resterò sdraiata in un sofà d'erba e farfalle a guardare il cielo che programmi trasmetterà?
Bevo un infuso fumante di unicorni bianchi che galoppano in riva ai mari del nord e il vento attiva un ricordo e concepisce un profumo di corpi avvinghiati uniti mai in lotta d'amore e potere e se la tua pelle non ho mai morso io ne conosco ugualmente il sapore.
Sinestetica magia d'appropriarmi di un respiro dal vetro che imprigiona la tua fotografia, d'averlo sul mio fiato, e i capelli foglie strette di palmette e mani rami dramatizzano sulla mia testa la loro verità e ho difficoltà a tradurrne i segni ed il labiale, parliamo due lingue diverse inverse e bislacche da tirare fuori dalle tasche quando andrai al cinema a sgranocchiare per svilire la noia o la tensione.
La corteccia caduta scricchiola sotto il tuo passo ma non so dove stai e sto ferma sotto vento annusando la contraddizione termica del tuo corpo che sventra l'aria circostante e attendo nell' attenderti avvolta in un adagio che filtra sul mio udito la sola unica nota acuta che affilata stalattite trafigge l'arteria. Solo ora comprendo dopo aver attraversato, accartocciato, intrecciato, abortito il mio pensiero con quello altrui, che questa non è poesia e mai lo sarà solo un drenare di materia emozionale e scorie d'impulsi elettrici cerebrali.
... e continuo a pretendere un Angelo che trasfiguri ancora e poi per sempre la mia Arte e la mia Ragione in una Bellezza il cui tocco della mano sulla mia non posso fare a meno di cercare, una creatura chiamata Nostalgia contaminata dall'inclinazione sinestetica di cui sono posseduta
... e corro sul pianoro in alternanza di fuga e inseguimento dove io sono la preda e ancora io la cacciatrice,  vigile sul volo del rapace che si nutre da principio di bulbi oculari per accecare la vittima perchè si arrenda all'evidenza che prima del tutto era il nulla e prima che fosse luce era la notte più cupa come nella vittima la cecità e l'oblio.
Micol